27.1.06

Non si dimentica.

Nessuno dovrebbe permettersi di farlo.
Eppure si fa.
Perchè tutto sbiadisce,e la neve (che Guccini cantava anche là) copre forse anche i ricordi.
Ma è successo,ed è dovere ricordare.

Io ho sempre avuto una particolare attenzione per questa ricorrenza.
Non l'ho sempre avuta per filantropia o senso di giustizia innato: una signora bionda e geniale mi iniziò alla filosofia, mi bacchettò in storia e ci insegnò il senso della memoria,e della ricerca archivistica.
La mia prof, che tutti chiamavamo Zia Isabella (e questo vuol già dire tanto,non vi pare?) era una donna di spirito e ci ha fatto passare pomeriggi in biblioteca,a spulciare vecchi registri del liceo,dove con una penna,in bella scrittura,si leggeva "DEPORTATO".

L'anno dopo lei non era più la nostra insegnante,ma ci siamo riuniti comunque.
Ogni anno,per tre anni, in questo periodo io mi mettevo al lavoro e insieme agli altri davo una mano a organizzare la ricorrenza.
Ogni tanto,anche fuori.
E proprio in Stazione Centrale, al freddo,alla commemorazione del 27 gennaio,ho conosciuto delle persone cruciali per la mia vita.

Tre o quattro volte,in questo mio peregrinare di manifestazioni,ho incontrato Liliana Segre.
E' spesso venuta da noi, e con una certa disciplina ci ha raccontato,più volte,la sua storia.

L'anno della maturità la ascoltavo in aula magna,e sapevo che difficilmente l'avrei incontrata ancora.
Ho aspettato finisse il suo discorso,ho ignorato chi se l'era presa perchè era stato zittito mentre chiaccherava sopra le sue parole e un po' emozionata sono salita sul palco.
Ho aspettato il mio turno,paziente, immaginando cosa dire.
Grazie,soprattutto,grazie di esserci,di avermi detto quel che è successo,di avermi dato l'opportunità di conoscere persone,di ricordare e di poter fare in modo,nel mio piccolo,che non accada più.
Insomma,grazie,perchè lei mi ha costretta,quasi,a muovermi,e muovendomi ho costruito qualcosa.

Quando la folla si dileguò e rimasi davanti a lei,che mi sorrideva pacata col suo vestitino color pastello, non ho detto niente.
Mi sono messa a piangere come una deficiente.
Mi sentivo così stupida,così stupida a piangere,ma non riuscivo a smettere,fisicamente.
Lei mi ha sorriso, ha detto probabilmente qualche parola di conforto e mi ha passato un fazzolettino di carta.
Poi mi ha messo una mano sulla spalla,consolandomi,come una nonna.

E ancora oggi mi sembra paradossale che io, che vivo in un paese per il momento ancora libero,che posso lottare per quello in cui credo,che ho tutto quel che mi serve e probabilmente un po' di più, sia stata consolata da una persona che ha perso tutto,e che ha ricostruito tutto un po' alla volta.

Sono stata consolata da una deportata.
Non so ancora cosa significa,ma difficilmente me ne dimenticherò.

Ho centinaia di storie che potrei raccontare,da quelle dei nonni a quelle che ho raccolto negli anni.
Lascio perdere, ma me le tengo strette.

Tentiamo di non far sbiadire il segno degli errori, semplicemente per non ripeterli più.

1 commento:

Undine ha detto...

La tua prof di filosofia è stata una vera, autentica educatrice.

Quel tuo pianto lo capisco e la forza di Liliana Segre ancor di più. Una forza che non possiedo, ma ammiro.