20.9.08

Parla d'amore (ma a qualcun altro)

Lui è dolce ma fragile.
Qualcosa nella sua vita non ha funzionato e si trova al quarto di secolo ancora protetto da una serie di paure e dalla sfiducia nella gente.
Lei ha un bagaglio di esperienze un tantino più articolato e una definita tendenza a ipercontrollare le cose.
Lo incontra quasi per caso, e quasi per caso lo raccoglie come un cucciolo di cane.
Lui è innamorato di una ragazza bionda con gli occhi azzurri, e lei, quasi per celia, decide di dargli una mano.
Lui si comporta come un animale selvatico, lentamente annusando il territorio e lentamente concedendo la sua attenzione, ma tutto sommato l'amore è più forte del riserbo, e piano piano si apre, e si scopre.
Piano piano lascia venire in superficie qualcosa di sè: sono stupidaggini, certo, soltanto gusti, confidenze, giochi.
La gente intorno li osserva con una certa curiosità, ma sempre da lontano.
La vita va avanti, le parole gentili servono, aiutano a buttarsi e, quasi per celia, lui finalmente trova la donna che cercava.
Per scoprire che senza gusti, confidenze e giochi, però, non si va da nessuna parte.
Torna indietro, finalmente responsabile delle sue scelte e dei suoi sentimenti. Torna indietro e attraversa la linea che divide il mondo delle ombre dall'iperuranio e, finalmente, impara a vivere.


Ecco, questo, ricordiamocelo tutti e molto bene, è soltanto lo stucchevole riassunto di un film di Silvio Muccino.
Per altro farcito di citazioni di un cinema che può solo sognare da lontano, e che rendono il film una lunga passerella di immagini riflesse che disorientano chi lo guarda.

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