1.8.08

Please

La segretaria del centro di analisi private che guarda il dito fasciato di mio padre e la mia impegnativa e dice "Certo che è proprio un periodaccio per voi".
E io che penso non sa nemmeno la metà di quel che sta capitando.
L'infermiera con le scarpe lucide rosse, tacco nove, che male non ne ho sentito, e il cane che sull'altro braccio mi ha lasciato i lividi di una eroinomane.
La tensione, sulla macchina, canticchiando gli Smiths e cercando di non drammatizzare, nemmeno quando la sala d'aspetto è disseminata di pastiglioni bianchi lasciati da chissà chi.
Please please please let me get what I want this time.
Canticchiavo, guardavo fuori, e non parlavo con mio padre.
Canticchiavo una preghiera, e mi accorgevo che solo una cosa al mondo avrei desiderato più della mia salute, ed è una cosa che non posso ottenere perchè, mi è stato detto, Dio non mercanteggia.
Comunque please, please, please.

Stasera no, dopo che mi hanno detto che il pericolo era scampato sono stata bene, ma dopo qualche ora ero normale.
Mi vestivo per uscire e pensavo a quando è preziosa la vita, la salute, tutto quello che si crede scontato eccetera eccetera..però ecco, pensavo, sono molto meno emotiva di come mi sarei immaginata. Giusto un sorrisone, e basta. Sono normale...
Quasi normale.
In macchina please please please è stato sufficiente per farmi scoppiare a piangere a dirotto al semaforo di piazzale Loreto.
Bene così: sono umana,sicuramente iperemotiva,ma imparo da quel che accade.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Quando si finisce in una situazione 'di attesa', si cominciano a fare certe riflessioni... spesso subentra l'angoscia, poi quando tutto fortunatamente sfuma, si ha quell'attimo di liberazione quasi estatica, e poco dopo si ricade subito nei binari della quotidianità (e magari tutte quelle riflessioni vengono meno così...).