30.6.08

La cognizione del dolore

Amore, nel mondo c'è troppo dolore e i dottori non sanno che fare.
(Funzioni primarie)

Sono entrata nella saletta fumosa al braccio di un'architetto con tacchi a spillo e minigonna rosa fosforescente. A braccio, perchè lei non riusciva più a camminarci.
Sapevo di andare a guardare un concerto, almeno, era quello l'invito ed era quella l'intenzione che ho pubblicamente sbandierato.
In realtà volevo andare a vedere due persone.
Fratelli.
Orfani, da poco più di un anno.
Non avevano ancora iniziato a suonare, il più giovane e conosciuto si è avvicinato, ha salutato, è scomparso nel bagno, mentre l'architetto considerava attentamente la lista delle consumazioni dall'alto di una carta di credito gonfia tre volte la mia.
Al mio tavolo, persone amate e meno amate. Una che addosso porta ancora le ruggini dei suoi errori e forse anche qualche lieve rimorso per il modo in cui mi ha trattato, ma l'amore rende ciechi, e io ho perdonato qualche anno fa.
Ordino un thè freddo al limone, cerco di sviare i sorrisi.
Tutto bene?
Certamente.
Lei non si fida, mi guarda un po' di più e mi lancia un bacio dall'altro capo del tavolo.
Scusami se non mi faccio sentire, un esame enorme in cinque giorni...
Ci sentiremo più avanti, non c'è problema, sto cercando già così di rimettere assieme i pezzi, e parte del mio studio passa attraverso l'osservazione di chi ce l'ha fatta prima di me, per cose forse peggiori.
Dopo un po' di tempo e cantanti svizzeri, salgono sul palco loro. Attaccano, e suonano.
Il piccolo, il chitarrista, porta gli occhiali da sole in una stanza buia e umida. Una protezione? Un vezzo da rockstar? Ricordo che quando successe, pensò di mollare tutto, e furono le persone al tavolo con me a dargli la forza.
Ricordo che quando successe, la mia amica scoppiò a piangere, e fu lui a consolarla. Come si fa, dico io, ad essere così forti?
Il grande suona il basso, chiude gli occhi nei momenti di musica più intensa. Ha i capelli un po' lunghi, gli occhi lucidi di caldo e sudore, vestiti semplici e forse un po' di pancetta.
Guardo lui perchè lui è il mio vero obiettivo.
Lui che il giorno della disgrazia era lì, lui che l'ha permessa, che non l'ha fermata, che era l'unico in casa e che si porta dietro il peso di non avere insistito un po' di più.
Come si porta il peso di non aver insistito un po' di più?
Il bassista sorride, si muove a tempo, fa lo stupido.
Faccio un calcolo mentale, e penso che in un anno e mezzo si è ripreso bene.
Lo fisso di più, non riesco a immaginarlo piangere.
Nemmeno se sposto la sua immagine in una stanza chiara come sono quelle delle case al mare, che immagino coi muri bianchi e i divani azzurro chiaro.
Cosa avrà pensato, avrà fatto qualcosa?
Lui ha visto il cadavere di suo padre. E' stato il primo in assoluto, e ci deve essere stato anche per un bel pò di tempo.
Adesso sorride a una francesina, beve birra e sembra sereno.
Forse è vero che gli esseri umani hanno più risorse di quelle che si pensa...
A furia di fissarlo, mi accorgo che è carino. molto carino.
Sento una sorta di comunione d'anime, non gli ho mai parlato in vita mia, e so che se fossimo in una situazione anche solo lievemente più diversa, e se soltanto me ne desse l'occasione, forse gli direi tutto.
Dopo mezzanotte un francese canta happy birthday to you, e mi accorgo che si rivolge a lui: applausi, baci abbracci e via dicendo.
Riesco a fargli i miei auguri, sorride.
Io sorrido.
Accadrà presto un nuovo incontro, casualissimo, e proverò ancora a carpire il suo segreto, quello della fenice che si rialza, che vive dalle ceneri e che forse, alla fine, riesce a volare; sperando con questo di trovare i modi, i sentieri e i mezzi, di rialzarmi e asciugarmi la fronte nel lungo percorso che ho davanti.

Meno male che qualcuno,
che qualcosa ci punisce
arriva un investigatore e ci deduce l'anima
la nostra cognizione del dolore illumina
(Colombo)

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