E così, stanotte, a sorpresa, sento questi.
Sì lo so, vabbeh, son tutte cavolate e via dicendo.
E so anche di essere -modestamente- unica e irripetibile.
Ma io le ho viste, queste persone.
Io sono stata col tipo strano, che non abita in Corso sempione ma nell'hinterland, e un po' c'è la Frangetta dell'Arco della Pace in me.
Foss'anche soltanto per il liceo.
Nel quale io però già riuscivo a tirarmi fuori (e a fatica, a tirarmi dentro) rispetto ai meccanismi tipici della società milanese.
Lo sapete che una volta sono stata a una festa in un attico a cento metri dal Duomo, che quasi quasi abbracciavo la Madonnina prima di congedarmi?
Ero piccola, ero incantata, che nemmeno Caterina quando va in città.
E poi ho visto la creme de la creme di pistole e centri autogestiti, e alla fine mi sono appiattita pure io, o forse ho smesso di giocare ai poli opposti e quando mi muovo, lo faccio portandomi dietro un'identità così stabile da permettermi lo stupore, ma non lo sconcerto.
Non sorrido tantissimo, e quasi mai con ironia.
Sorrido il giusto, e mi compiaccio, anche io, forse troppo nella felicità dell'infelicità, ma questo, credetemi, è in corso di mutamento.
Mi piace l'arte ma non conosco bene il cinema, i polpettoni, se non c'è Lo Cascio a renderli passabili, mi annoiano anche se fanno tanto alternativ-intellettuale.
Forse lavorerò allo Spazio Oberdan, un giorno.
Speriamo, meglio del call center.
Detesto le fighette iulmine, quelle che se non sei vestito in un certo modo non sei niente, quelle che venderebbero l'anima a Satana pur di distinguersi, di fare le tormentate.
La tormentata l'ho fatta, anche io, sotto l'arco della pace e sulle panche a San Lorenzo, ma non ci ho mai provato troppo gusto.
Oggi faccio la coda anche io, se capita, da Chocolat, perchè quel gelato cioccolato-scaglie di arancia val bene una messa...cioè, una coda insieme alla Milano Bene, che tuttavia mi provoca qualche prurito.
Poi torno, si intende, nella bassa periferia, compiacendomi di un'università segaiola che instilla un senso di superiorità tanto inutile quanto fallace; mi consolo con tutte le piccole perle che custodisco e non regalo a nessuno, vivo dove i tram non vanno avanti più, dove l'aria è popolare e bla bla.
Chiaro che la vita lascia il segno, e alla fine posso dirvi che io sono un po' di tutti i luoghi comuni, io sono spezzettata in tutti loro, perchè tutti loro ho conosciuto e da tutti loro mi sono lasciata toccare in qualche modo.
Concludiamo con una vecchia perla di saggezza: Milano non è la verità.
Ed è per quello che la notte, nella calma generale, preparo mia mamma al giorno lontano (ma esistente) nel quale finalmente potrò costruire il mio buen ritiro là dove lo sogno, condendolo con si spera un compagno, un cane e dei bambini.
Sì, così, borghese e senza vergogna, la vergogna la lascio a chi ha voglia di inventarsi radici che non ha.
O ai profili -davvero poveri- che ho sentito in quel link.
Sì lo so, vabbeh, son tutte cavolate e via dicendo.
E so anche di essere -modestamente- unica e irripetibile.
Ma io le ho viste, queste persone.
Io sono stata col tipo strano, che non abita in Corso sempione ma nell'hinterland, e un po' c'è la Frangetta dell'Arco della Pace in me.
Foss'anche soltanto per il liceo.
Nel quale io però già riuscivo a tirarmi fuori (e a fatica, a tirarmi dentro) rispetto ai meccanismi tipici della società milanese.
Lo sapete che una volta sono stata a una festa in un attico a cento metri dal Duomo, che quasi quasi abbracciavo la Madonnina prima di congedarmi?
Ero piccola, ero incantata, che nemmeno Caterina quando va in città.
E poi ho visto la creme de la creme di pistole e centri autogestiti, e alla fine mi sono appiattita pure io, o forse ho smesso di giocare ai poli opposti e quando mi muovo, lo faccio portandomi dietro un'identità così stabile da permettermi lo stupore, ma non lo sconcerto.
Non sorrido tantissimo, e quasi mai con ironia.
Sorrido il giusto, e mi compiaccio, anche io, forse troppo nella felicità dell'infelicità, ma questo, credetemi, è in corso di mutamento.
Mi piace l'arte ma non conosco bene il cinema, i polpettoni, se non c'è Lo Cascio a renderli passabili, mi annoiano anche se fanno tanto alternativ-intellettuale.
Forse lavorerò allo Spazio Oberdan, un giorno.
Speriamo, meglio del call center.
Detesto le fighette iulmine, quelle che se non sei vestito in un certo modo non sei niente, quelle che venderebbero l'anima a Satana pur di distinguersi, di fare le tormentate.
La tormentata l'ho fatta, anche io, sotto l'arco della pace e sulle panche a San Lorenzo, ma non ci ho mai provato troppo gusto.
Oggi faccio la coda anche io, se capita, da Chocolat, perchè quel gelato cioccolato-scaglie di arancia val bene una messa...cioè, una coda insieme alla Milano Bene, che tuttavia mi provoca qualche prurito.
Poi torno, si intende, nella bassa periferia, compiacendomi di un'università segaiola che instilla un senso di superiorità tanto inutile quanto fallace; mi consolo con tutte le piccole perle che custodisco e non regalo a nessuno, vivo dove i tram non vanno avanti più, dove l'aria è popolare e bla bla.
Chiaro che la vita lascia il segno, e alla fine posso dirvi che io sono un po' di tutti i luoghi comuni, io sono spezzettata in tutti loro, perchè tutti loro ho conosciuto e da tutti loro mi sono lasciata toccare in qualche modo.
Concludiamo con una vecchia perla di saggezza: Milano non è la verità.
Ed è per quello che la notte, nella calma generale, preparo mia mamma al giorno lontano (ma esistente) nel quale finalmente potrò costruire il mio buen ritiro là dove lo sogno, condendolo con si spera un compagno, un cane e dei bambini.
Sì, così, borghese e senza vergogna, la vergogna la lascio a chi ha voglia di inventarsi radici che non ha.
O ai profili -davvero poveri- che ho sentito in quel link.
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