6.7.05

The kids aren't alright (part I)

Una volta eravamo noi.
Ora non so più dove siamo finiti.
C'ero io, in piena mutazione da bozzolo a farfalla, facevo furtive spedizioni per comprarmi le calze a righine.
Scoprivo i colori e lo ska, praticamente nello stesso momento.
Guardavo la fiera di Senigallia con gli occhi grandi e luccicosi,come quelli dei manga, e ero quasi arrivata alla maggiore età senza sapere niente delle brutture del mondo,nè della sua bellezza.
Ero sempre stata brava a restare al mio posto,a essere consona alla situazione e non chiedere niente di più.
Poi è stata quella notte al Cantiere,e la pistola e le canne,che roba,non le avevo mai viste.
E l'amore della mia vita che volevo vedere non c'era.
Però c'era il suo amico,che prima di andare via mi aveva fatto il baciamano.
E poi quel tipo coi pantaloni a scacchi che rollava,ed era bellissimo,e Matteo,e insomma,era tutto un girotondo di fumo, divani rotti con le molle a vista, gente sconosciuta che parlava senza quasi notarmi e un sacco,un sacco di tranquillità.
Avevo paura perchè ci stavo davvero troppo bene,con loro.
Ma piano piano ho lasciato che le cose andassero.
Ero una trottolina coi capelli rossi,e non avevo la maglietta del Che però dentro di me lo ammiravo,cazzarola se lo ammiravo.
Ero una trottolina che chiedeva permesso e che quando vide il suo amico vomitare al suo fianco si alzò,terrorizzata, a cercare aiuto.
Dobbiamo chiamare un ambulanza,perchè non fate niente? Non fate niente? Ma non vedete che sta male?

Nemmeno riconoscevo una sbronza.
Lui il giorno dopo mi telefonò,scusandosi.
Ma non era un problema. Io guardavo la scioltezza con cui il tipo con i pantaloni a scacchi ha preso in mano la sua giacca lercia di vomito e senza farglielo pesare lo ha riportato a casa.
Lì mi sono innamorata di lui, sottilmente, inevitabilmente,per sempre.
Lo sono ancora.

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